Pancreatite nei Cani



È una malattia molto frequente, soprattutto in cani di piccola taglia. È dovuta principalmente a due cause:

1. alimentazione errata, in quanto spesso viziamo il nostro animale dandogli cibi non adatti (ad esempio fritti);
2. calcoli del coledoco (dotto che collega le vie biliari al duodeno) che determinano un reflusso di bile che provoca la prancreatite.

Essa può colpire il pancreas esocrino o quello endocrino, può essere in forma acuta o cronica. L’animale alla palpazione avverte intenso dolore, infatti assume un atteggiamento quasi patognomonico, che è detto “a preghiera”, ossia si piega proprio a mò di preghiera ( ricurvo su se stesso, con la testa tra le zampe). L’animale rifiuta cibo e acqua, può avere vomito sanguinolento, melena (feci con sangue scuro digerito).
Per la diagnosi ci bastano questi segni, possiamo fare esami del sangue valutando gli enzimi pancreatici (lipasi, amilasi), ma dobbiamo ricordare che anche in un animale sano la diarrea può provocare un innalzamento di questi enzimi. In corso di pancreatite, gli enzimi epatici vengono immessi nell’intestino provocando autodigestione delle pareti intestinali; ciò provoca ulcere, nei casi più gravi shock e morte. Perciò bisogna intervenire subito.

Pancreatite acuta.
È una infiammazione del pancreas e dei tessuti circostanti ed è alla base di una sindrome addominale acuta. La pancreatite acuta può evolvere secondo 2 quadri prognostici diversi:
1) infiammazione modesta,in cui predomina edema e la cui evoluzione è spesso favorevole.
2) infiammazione marcata,con presenza di emorragie e necrosi, con esito spesso fatale.

Quando compare?
Le circostanze sono tante:intolleranza ai corticosteroidi, malattie infettive (toxoplasmosi, epatite infettiva), reflusso duodenale, ostruzione dei dotti pancreatici, sindrome uremica, anomalie del metabolismo lipidico, ipercalcemie, traumatismi. L’obesità, diete ricche di lipidi e l’iperlipemia costituiscono fattori predisponesti. Nella patogenesi, interviene l’attivazione a cascata di vari enzimi pancreatici, in particolare delle proteasi all’interno dell’organo, ne consegue una coagulopatia da consumo, una sindrome “shock simile” e una flogosi più o meno intensa che è all’ origine delle diverse lesioni osservate: edema o necrosi.

Sintomatologia.
Nella forma lieve abbiamo:
1) vomito e diarrea talvolta emorragici;
2) dolore addominale costante, (l’animale assume la posizione patognomonica detta “a preghiera”, ossia l’ animale si piega con la testa fra le zampe), ricerca di superfici fredde;
3) febbre e depressione del sensorio;
Nella forma grave abbiamo sintomi simili ma di intensità più marcata:
1) dolore addominale diffuso;
2) vomito e diarrea emorragici, dilatazione addominale;
3) sindrome shock simile;
4) aritmie cardiache;

Diagnosi.
Oltre dai sintomi (atteggiamento a preghiera, dolore addominale), si fanno esami complementari (quali esami del sangue) dove possiamo vedere:
1) aumento dell’ amilasi, ma tenendo conto della sua mancanza di specificità e dal suo tasso basale instabile, è un esame poco significativo;
2) aumento della lipasi, più preciso, del precedente;
3) L’aumento del tasso del tripsinogeno (TLI) oltre i 50ng/ml, è un buon indice di pancreatite, ma questo valore non è sempre ottenuto rapidamente;
4) aumento dell’azotemia;
5) leucocitosi;
6) possibile coinvolgimento epatico;
7) il bilancio lipidico (con lipidogramma), rivela generalmente una iperlipidemia che permette di selezionare i cani “ad alto rischio”.
Si può fare una radiografia che ci permette di valutare la rapidità di evoluzione della malattia e quindi la necessità di intervenire tempestivamente prima dei risultati delle analisi di laboratorio. Criteri principali (la loro assenza non esclude al pancreatite):
1) spostamento del piloro a sinistra e del duodeno a destra;
2) ritenzione di gas ed ispessimento della parete;
L’ecografia può fornire utili indicazioni.

Terapia.
È essenzialmente medica e si prefigge i seguenti scopi:
1) ridurre l’attività pancreatica;
2) prevenire e combattere lo shock;
3) prevenire e combattere l’infezione;
4) calmare il dolore;
5) ovviare alle conseguenze cliniche (disturbi digestivi, disidratazione).
Nel primo caso, sospenderemo gli alimenti e l’apporto idrico nella fase acuta, per almeno 5 gg. I disturbi idrici, devono essere corretti per via parenterale (sottocute, intramuscolo o venoso).
Dobbiamo deprimere l’attività del pancreas dando all’animale anticolinergici (propantelina 2 mg/kg in 2 somministrazioni) o anche antiacidi anche se la loro efficacia non è stata provata. L’uso di inibitori enzimatici è limitato solo alla forma edematosa.
Nel secondo caso, dobbiamo usare misure reidratanti: soluzione ringer lattato, 80mg/kg/die più reintegrazione delle perdite dovute alla diarrea e al vomito. L’eparina può prevenire la formazione di coaguli e dell’ischemia secondaria, l’uso di glucocorticoidi è controverso, in quanto aumenterebbero la viscosità del succo pancreatico, pertanto sono usati solo quando lo shock è eclatante.
Nel terzo caso, faremo una copertura antibiotica.
Nell’ultimo caso, useremo antalgici morfinici, solo quando il dolore è intenso, in quanto questi può portare a shock vascolare.

Pancreatite cronica.
Nel cane abbiamo sintomi poco caratteristici. Si possono avere:
1) dolori addominali;
2) innalzamento simultaneo dell’amilasemia e della lipasemia;
3) possibile evoluzione contemporanea di un diabete mellito o di una insufficienza pancreatica.

Diagnosi.
È stabilita con una biopsia del pancreas.

Terapia.
Trattamento delle conseguenze e dell’obesità, possibile uso di NORMOLIPIDEMIZZANTI (Lipanthyl,5mg/kg/die).